Capitolo II
Favola della creazione dell’anima
Preso da grande furore, il Padre decise di castigare il Suo uomo pedestre e confinò lui e i suoi discendenti in terre desertiche e strane, futuro rigoglio di genti a compitare le messi, i capi suoi di bestiame, l’alba e il tramonto, l’ora del sonno e la veglia. Ma come fargli capire che il Bene era lì, non nel luogo lontano e deserto, ma dentro, profondo di lui?
Semplice. Facendo scavare da mano esperta quell’anima che non trovava la Luce. E quale la mano che, esperta, ritrova a Luce? La mano tremante e sicura del Grande Dolore. Che Grande Dolore? Della morte naturalmente.
E così l’uomo, immortale per propria natura divina, ridiscese qui sulla Terra, non più dentro il Mare acquatico (amare), ma dentro l’involucro che, umano chiamato, non è che un ammasso di spine spinose che pungono fino a che l’acqua (del Grande Amore), non smussa le spine e le trasforma in oggetti d’amore. E come si fa? Ma,semplice, accettando il Dolore componente il tuo essere umano, uomo caricato da Dio di Amore, ma scaricato d’Amore dal Grande Dolore che agisce da grande torturatore, finché l’anima, come nervo di dente scoperto, urla e poi tace e, sanguinando, ritrova la via del suo Bene.
Così, sanguinando, è morto Gesù, non per castigo: esempio. Un semplice esempio: il Sangue scorrendo dalle ferite (molte, d’accordo, ma poche, credetemi, paragonate al Grande Dolore di vivere qui sulla Terra per anni e per anni, compagno il Dolore), ha lavato in parte quel male.
E così, un poco per sua volontà, un poco per il suo (dell’uomo) sangue versato, un poco per intervento divino e un poco perché è nell’evoluzione dell’uomo, la Luce finalmente cammina e prosegue e non si ferma se non quando ha trovato la Luce che, Primigenia, scaturisce indefessa dal, per il, con, nel Bene.
Ti è piaciuta? Su, dormi adesso. Domani sarà un altro giorno pieno di Luce.